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Listening to Italian Colonialism

(Anti)colonialismo Cultura & Potere
Listening to Italian Colonialism è un format che proponiamo in collaborazione con il progetto Afrovocality, in cui la memoria e la rimozione del colonialismo italiano in Etiopia sono analizzate attraverso canzoni e stornelli del tempo. La prima puntata ospita un'intervista allo storico Alessandro Triulzi.
Pochi mesi fa, ancora in pieno lockdown (era il secondo o il terzo, ho perso il conto) il blog di Tamu Edizioni ha pubblicato questa mia riflessione sulla memoria sonora del colonialismo italiano. In particolare mi interessava presentare quei brani di popular music italiana che negli anni Trenta hanno raccontato, rappresentato, sostenuto e rinvigorito la campagna coloniale italiana in Etiopia. L’intuizione che ho cercato di condividere era in fondo molto semplice: in quegli anni furono pubblicati e incisi talmente tanti brani su quell’argomento che è possibile parlare di un vero e proprio “repertorio etiope” nella storia della popular music italiana.
L’argomento poi risulta ancora più interessante se si considera lo stridore fra la vastità di quel repertorio e il quasi totale oblio in cui è caduto pochi anni dopo.
Il mio era un interesse di tipo musicologico: si studia la musica in quanto prodotto culturale e si prendono in considerazione gli aspetti musicali cercando di identificare la funzione sociale del suono e il modo in cui quella funzione si modica in base ai contesti storico-culturali. In questo senso, la domanda “com’è possibile che un repertorio musicale così onnipresente sia finito nel dimenticatoio dopo pochissimi anni?” aveva perfettamente senso se vista attraverso i cambiamenti determinati dalla seconda guerra mondiale e dalla generale opera di rimozione delle avventure coloniali a partire dall’immediato dopoguerra.
Tuttavia, il repertorio non era completamente evaporato. Una canzone era rimasta nella memoria in quanto trasformata in inno del neofascismo, per quanto - ironia della storia - si trattasse di un brano inizialmente osteggiato dal regime. Qui il mio dilemma: nonostante l’interesse nei confronti di questo repertorio, che in quanto repertorio presenta una serie di visioni e soluzioni diverse su un tema generale – l’Etiopia, appunto –, non volevo diventare quello che si occupa di «Faccetta nera».
Sarà che in un ambiente piccolo come quello della musicologia si fa presto a diventare quello che si studia. Ci si conosce per quello di cui ci si occupa: la tizia che è andata a studiare musica classica dell’India del Sud vivendo a lungo con il suo guru; il caio che ha scritto la sua tesi sul carnevale di Montemarano; etc.
Durante un seminario, espressi apertamente la mia preoccupazione. Una collega mi venne in aiuto, suggerendomi di fare del mio lavoro una conversazione a più voci, di coinvolgere altri esperti in grado di ascoltare e interpretare il repertorio da altri punti di vista.
Mi è sembrata subito la strada giusta, anche perché mi portava a condividere l’idea che la memoria sonora è qualcosa da cui possiamo apprendere molte cose, tanto del passato quanto del presente. Così ha preso forma il progetto Listening to Italian Colonialism. Ben presto anche il design del progetto è diventato uno sforzo collettivo, perché due ricercatori, Alessandra Ferlito e Emilio Tamburini, si sono lasciati coinvolgere dal progetto.
Insieme, abbiamo cercato di individuare i giusti interlocutori e organizzare gli incontri. In questo il lockdown ci è venuto incontro: utilizzare Zoom, con la scarsa qualità delle immagini che era ormai diventata parte integrante della nostra esperienza, ci è sembrata la cosa più saggia da fare. Il tentativo infatti era ed è quello di mettere al centro l’ascolto collettivo, e allo stesso tempo mantenere la pseudo-autenticità del conversare online al centro del proscenio del prodotto audiovisivo. Il risultato è una serie di conversazioni che qui presentiamo e che ci auguriamo possano continuare nel futuro in quanto, come detto, si tratta solo dell’inizio di una discussione su come il passato coloniale influenzi il nostro presente anche attraverso i suoni che ascoltiamo.
▼ La prima puntata
Nella prima puntata, lo storico Alessandro Triulzi, uno dei più importanti africanisti italiani, tra i fondatori del progetto Archivio delle Memorie Migranti, ci spiega – attraverso l’ascolto di due brani, «Adua» e «Sul Mercato di Macallè» – come la musica degli anni Trenta abbia tentato di riscrivere la storia della prima guerra italo-etiope. Allo stesso tempo, ci accompagna a usare il suono per collegare quella storia al presente.
Gianpaolo Chiriacò è ricercatore presso l’Università di Innsbruck. Muovendosi fra etnomusicologia e cultural studies, ha portato avanti una lunga ricerca sul campo a Chicago (Voci Nere. Storia e antropologia del canto afroamericano, Mimesis 2018) e adesso indaga le relazioni fra Italia ed Etiopia nella popular music italiana. Nel resto del tempo si prende cura delle sue figlie. Il sito www.afrovocality.com raccoglie pubblicazioni, incisioni, video, e mappe relative alle sue ricerche.