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Nelle maglie del terrore
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Suhaiymah Manzoor-Khan
traduzione e prefazione di Tamara Taher
«L’islamofobia non riguarda, né ha mai riguardato, i musulmani».
L’approccio più diffuso all’islamofobia si ferma alla superficie. Ragionare di crimini d’odio e pregiudizi non fa che mantenere in piedi gli schemi, ben visibili nell’ossessione per l’abbigliamento delle donne, che consentono agli stati occidentali di misurare il grado di libertà ed «evoluzione» delle comunità musulmane. Nelle maglie del terrore supera questo perimetro limitato, in una potente rilettura in grado di togliere a lettori e lettrici molti punti di riferimento: che cosa accade se proviamo a pensare alla laicità come a uno strumento del suprematismo bianco radicato nella storia coloniale? E se consideriamo le azioni degli «islamisti» una forma di violenza politica che l’Occidente ha mascherato da «barbarie» per non affrontarne le cause profonde? Suhaiymah Manzoor-Khan, artista britannica di spoken word, in questo saggio divulgativo ricco di storie personali analizza gli effetti della stretta securitaria portata dalla «guerra al terrore» e dai suoi strumenti: sorveglianza costante, frontiere, catastrofi ambientali e violenza di genere. Nel suo proposito di sradicare l’islamofobia troviamo l’apertura verso l’abolizione di tutte le forme di oppressione, e verso un islam finalmente libero di pensarsi «secondo i propri termini».
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Suhaiymah Manzoor-Khan è una scrittrice, poetessa, educatrice e attivista britannica. Si occupa di critica al razzismo, all’islamofobia sistemica e alle visioni laiche dell’identità. Ha messo in scena varie performance poetiche basate sulla sua raccolta Postcolonial Banter (Verve Poetry Press, 2019) e nel 2017 è stata finalista del National Roundhouse Poetry Slam. Ha scritto per il «Guardian», l’«Independent», «Al-Jazeera» e «gal-dem», e il suo lavoro è apparso su diverse stazioni radio e televisive. È co-fondatrice di Nejma, collettivo abolizionista a sostegno dei detenuti musulmani, e fa parte di Geographies of Embodiment (Gem), gruppo di ricerca che mira a non separare la produzione di sapere dal vissuto di coloro che sono più spesso marginalizzati nel mondo accademico.