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Perdi la madre
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Saidiya Hartman
traduzione di Valeria Gennari presentazione di Barbara Ofosu-Somuah
Dov’è che un uomo o una donna neri possono dirsi a casa, oggi? La storia recente degli Stati Uniti ci insegna che la «terra delle opportunità» è un posto dove le vite delle persone nere sono ancora messe a repentaglio. In Africa, il sogno dei leader anticoloniali di un continente dove neri e nere di tutto il mondo trovassero rifugio e prosperità ha lasciato il posto a povertà e disillusione. Indagare il passato può aiutare a trovare risposte a questa crisi e a sfidare l’ordine globale che vede tutt’ora i bianchi a decidere della vita e della morte dei neri?
Seguendo le tracce dei prigionieri che dalle zone interne dell'Africa occidentale venivano portati sulla costa per essere imbarcati verso le Americhe, Saidiya Hartman ripercorre le tappe della tratta atlantica degli schiavi, ed esorta a considerare gli effetti della schiavitù su tre secoli di storia africana e africana americana.
In Perdi la madre, passato e presente si incrociano in un intreccio narrativo in cui episodi del violento passato di oppressione si riconnettono alla realtà vissuta dai figli della diaspora africana che, come la stessa autrice, vivono nella società profondamente razzializzata di oggi. A metà tra saggio storico e memoir autobiografico, il suo viaggio si rivela una potente riflessione che interroga la storia, la memoria e l'identità.
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Saidiya Hartman insegna letteratura africana americana e storia culturale alla Columbia University, ed è autrice di Scenes of Subjection: Terror, Slavery, and Self-Making in Nineteenth Century America (1997) e Wayward Lives, Beautiful Experiments (2019). Nelle sue opere intreccia una meticolosa ricerca storica a una narrazione che recupera dall’oblio le storie di personaggi senza nome – le prigioniere sulle navi schiaviste, gli abitanti dei ghetti di New York e Philadelphia agli inizi del ventesimo secolo. Il suo lavoro mira a far riemergere «la testimonianza di vite, traumi e fugaci momenti di bellezza che gli archivi storici hanno omesso o occultato». Con questa motivazione nel 2019 ha ricevuto il prestigioso premio MacArthur.